Guido Orsi, criminologo e psicologo Ordine Psicologi del Lazio, è davvero possibile che tramite i social si spinga un bambino a togliersi la vita?
Ci sono segnali che possono indicare una situazione a rischio?
«Il primo è sicuramente il tempo trascorso in Rete. I genitori dovrebbero sempre tenerlo sotto controllo, specie di notte. Si sottovaluta la navigazione attraverso i telefonini, eppure è proprio via cellulare che molti adolescenti stanno in Rete fino a tardi. L’età li rende più suggestionabili. La stanchezza abbassa le difese. Perdono la cognizione del tempo e di quello che stanno facendo. A questo indicatore, si aggiungono il nervosismo e la “corsa” al web appena finito di mangiare. Sono sintomi di dipendenza».
Ha detto che si può perdere la cognizione di ciò che si sta facendo: ci si può anche gettare da un palazzo credendo non sia reale?
«Purtroppo sì, si può entrare in una situazione dissociativa e si può non essere in grado di capire ciò che sta accadendo».
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