sabato 9 novembre 2019

Non badare a chi dice che vizi tuo figlio se lo consoli. I bambini vanno sempre ascoltati!



Va data loro attenzione e va dato peso al bisogno di contatto e di
ascolto. Questo per innumerevoli motivi, uno dei quali è la necessità che il bambino cresca sicuro di sé.
I bambini piangono.
Lo fanno molto prima che il loro pianto abbia un suono: tramite un’ecografia, ad esempio, anche un bambino nell’utero materno, si esercita aprendo e chiudendo la bocca. Non appena nascono, per lo più sono facilitati se succede dopo un travaglio e un parto naturali (le nascite un po’ burrascose, stancano anche i piccini) e se sono accolti con calma e rispetto, emettono i primi vagiti. Sputacchiando un pochino di liquido amniotico, aprono la loro bocchina e lasciano uscire il suono della loro vocina. I più forti e imperterriti, si sgolano ancora quando debbono finir di nascere, altri sono più rilassati e flemmatici, ma basta chiedere alla mamma per scoprire ch’ella custodiva già nel suo cuore, la consapevolezza del carattere del proprio bambino. Piano piano il piccino cresce e, poiché è l’unica cosa che può fare per acquisire attenzione, piange.
Ordunque immaginiamoci catapultati in un luogo desolato che non conosciamo. Non sappiamo come esprimere i nostri bisogni più fisiologici, non comprendiamo cosa accade nel nostro corpo e di cosa dobbiamo avere paura o meno. Sappiamo solo che il mezzo perché qualcosa accada e un minimo di attenzione ci venga fornita, è strillare. Questa è la situazione di un neonato: ci metterà per lo meno tre anni a capire che le persone che si prendono cura di lui, gli vogliono bene e desiderano educarlo e farlo crescere sicuro di sé.

Il neonato possiede alcuni bisogni fisiologici (occhio al termine perché è legato intimamente con anatomia e biologia, per cui non si può non averne rispetto): bisogno di contatto, innanzitutto. Da milioni di anni, tutti i bambini del mondo sono terrorizzati dalla solitudine e dall’abbandono. Il motivo è semplice: come fa un bambino a capire che non è stato abbandonato? Come fa ad attirare l’attenzione su di sé? Urla. Si dispera. Lui non sa di essere riparato in una culla. Lui è ancestralmente programmato come un neonato del paleolitico: e se ci fosse un leone, là fuori? (Si leggano Carlos Gonzales e William Sears)

Questa fase di rassicurazione e di primi rudimenti pedagogici, dura alcuni anni, dei quali i primi tre fondamentali. Ci vogliono tre anni completi perché il bambino raggiunga determinate competenze, questo non per cattiveria, ma perché la sua parte razionale deve maturare. Non è un caso che a tre anni molti bambini vadano serenamente alla scuola materna o inizino volontariamente a interagire con i coetanei.
Durante questi primi fondamentali anni, la personalità del bambino cresce e acquisisce tante di quelle informazioni, da riempire interi scaffali di libri. Non è un caso che adottare un bambino dopo i tre anni sia eroico e necessiti attenzione, dedizione, altruismo, cultura, sacrificio (no, non basta l’amore): ogni odore, sapore, colore, trattamento ricevuto, gesto subìto ed esperienza vissuta, è registrata nella mente del bambino. Nel bene e nel male.

Ora: per essere genitori non è necessario avere una determinata età, non è importante il grado di istruzione, non è fondamentale uno stato sociale. Per essere genitori è però necessario fare un passo indietro: mettere i propri bisogni un po’ più in basso. Sacrificarsi (rendere sacro il proprio mestiere di educatori e “fornitori di cure”, direbbero gli inglesi, e di amore, dico io). E non solo, mi dispiace moltissimo ammetterlo, ma per essere genitori è necessario essere umili: conoscere, capire, chiedere. Decenni fa e nelle famiglie numerose accade tutt’ora, le donne mettevano al mondo i bambini sapendo CHI sono i bambini, come sono fatti, di cosa hanno bisogno. In una famiglia numerosa si sa che se un bambino fino a tre/quattro anni, vuole dormire con mamma (o con nonna o zia o fratelli), non rimarrà in quel letto per sempre, ma crescerà. Nelle famiglie dove crescono più bambini, si conosce il semplice fatto che i bambini piangono e che poi, piano piano, cresceranno. Quando si cresce con altri bambini, le necessità di questi (che sono quelle di tutti i bambini del mondo da sempre), non sono un problema per nessuno.
Purtroppo sta accadendo che nella nostra società, i bambini siano diventati un qualcosa che ha una funzione nei confronti dell’ adulto. Si parte con il fatto dell’essere stati desiderati o meno, si prosegue col fatto di dover subire pedagogie di moda che non sono altro che il mezzo di realizzazione dei genitori: penso a quella sull’estinzione del sonno o a “basso contatto” (il presupposto e insegnare l’autonomia dall’adulto), a quella del tutto libera o libertaria che vede i bambini essere lasciati allo stato brado senza regole (il presupposto è la ricerca della felicità senza regole), o a quella del far atteggiare le femmine da maschi e viceversa, o al fatto di essere mezzi attraverso i quali diffondere ideologie (si pensi ai bambini indottrinati da librini che narrano di utero in affitto ecc).
In sostanza i genitori non sono più consapevoli di essere “gli archi” della poesia di Gibran, ovvero adulti che debbono crescere persone che saranno adulte a loro volta, ma sono gente che non ha la minima consapevolezza del proprio fondamentale ruolo, che non conosce un briciolo di fisiologia ma si lascia trasportare da mode e metodologie educative (se non quando non sono ideologie), esseri umani che usano i bambini per realizzare loro stessi (si pensi alle percentuali di uomini e donne che usano bambini per pedopornografia e soddisfazione erotica pedofila).
Se da una parte non si conoscono più i bambini (e la loro fisiologia) perché la cultura ha disgregato le famiglie (sempre più spesso i genitori sono figli unici che non hanno mai avuto a che fare con i bambini) e contribuito ad allungare l’adolescenza talmente a lungo che adesso si parla di adultescenza, dall’altra vi è un’idea di fondo – il cui solo pensiero mi fa rabbrividire – che afferma il fatto che il bambino sia una COSA. Per cui se va bene, il bambino è concepito e nasce (o è adottato) in una famiglia magari con dei difetti ma che è in grado di amare e rispettare e crescere con attenzione la creatura. Se va male viene concepito e nasce (o è adottato) col solo scopo di soddisfare gli adulti con i quali coabita. Ed è lì che è un caos. È un caos che nasce con l’idea che un bambino può essere ucciso se non programmato o non conforme, nasce con l’idea che non sia un Dono prezioso del quale prendersi cura, ma un oggetto che si tiene finchè serve ma poi si – stupra, picchia, sevizia, uccide – butta via quando dà noia, quando non serve più, quando non è più interessante. I figli sono oggetti di diritto e hanno completamente perso il loro stato di soggetti. La cultura del diritto ha smembrato i bambini e ha allontanato dalla fisiologia.
Concepire un figlio è fisiologico.
Asciugarne le lacrime e coccolarlo, è fisiologico.
Metterlo al mondo (o adottarlo) accudirlo e prendersene cura, rispettarlo educandolo è fisiologico.
Crescerlo sapendo che si mette al mondo un cittadino, è fisiologico.
La nostra cultura ha talmente perso consapevolezza della fisiologia, che sta uccidendo -letteralmente- il proprio futuro.
E personalmente sono angosciata, di questo.



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