Indi Gregory è morta stanotte. Lo ha comunicato Dean Gregory, papà della piccola di 8 mesi affetta da una grave patologia mitocondriale. «Mia figlia è morta, la mia vita è finita all'1.45», ha detto l'uomo a LaPresse.
«Io e mia moglie Clare siamo arrabbiati, affranti e pieni di vergogna», dice ancora. «Il servizio sanitario nazionale e i tribunali non solo le hanno tolto la possibilità di vivere, ma le hanno tolto anche la dignità di morire nella sua casa. Sono riusciti a prendere il corpo e la dignità di Indi, ma non potranno mai prendere la sua anima», ha continuato Dean.
«Sapevo che era speciale dal giorno in cui è nata, hanno cercato di sbarazzarsi di lei senza che nessuno lo sapesse ma io e Clare ci siamo assicurati che sarebbe stata ricordata per sempre», ha concluso Dean.
La conferma della morte di Indi Gregory è arrivata anche dall'avvocato Simone Pillon e Iacopo Coghe di Pro vita, che fanno parte del team legale della famiglia Gregory.
A mettere un punto fermo sul destino della neonata inglese di 8 mesi, affetta da una patologia mitocondriale gravissima, decretata come terminale dai medici del Queen's Medical Centre di Nottingham e dai giudici britannici, è stato il distacco dai principali dispositivi vitali, più volte annunciato e rinviato. Distacco eseguito alla fine sotto scorta di polizia in un hospice locale, come imposto dalle corti del Regno alla famiglia, a partire dall'interruzione della ventilazione assistita e dall'aggancio a strumenti alternativi che avrebbero dovuto garantire alla piccola di non soffrire, mentre le sono stati somministrati i farmaci palliativi incaricati d'accompagnarla "gradualmente" verso la morte.
Dal fronte italiano si sono fatti sentire gli attivisti che hanno appoggiato e promosso strenuamente la battaglia della famiglia - assieme a un team di avvocati e ad associazioni pro life cristiane inglesi - in favore di un prolungamento dell'assistenza e poi dell'opzione del trasferimento al Bambino Gesù messa disposizione un paio di settimane fa dall'ospedale pediatrico romano come in altre situazioni analoghe precedenti.
Ma pure esponenti della maggioranza di Giorgia Meloni, impegnatasi personalmente negli ultimi giorni per assicurare la concessione lampo della cittadinanza italiana a Indi (come fatto invano 5 anni fa anche per Alfie dalla compagine di Paolo Gentiloni) e tentare poi tutta una serie di passi successivi.
Fino all'appello senza precedenti al ministro della Giustizia della governo Tory di Rishi Sunak, Alex Chalk, a "sensibilizzare" la magistratura per provare a indurla a cedere la giurisdizione sul dossier all'Italia, sulla base d'un'interpretazione ampia della Convenzione dell'Aia del '96 in materia di cooperazione giudiziaria internazionale.
Interpretazione che i tre giudici della Corte d'Appello di Londra, protagonisti ieri del verdetto di ultima istanza. hanno rigettato d'altronde in toni perentori. Da un lato liquidando "la tattica legale" dei Gregory come frutto di "una manipolazione" degli attivisti; dall'altro denunciando - nel dispositivo del giudice relatore Peter Jackson - "l'intervento delle autorità italiane" alla stregua di "un fraintendimento totale dello spirito della Convenzione dell'Aia". E in ogni modo avallando "le forti evidenze" a sostegno della prognosi dei medici di Nottingham, legata a un'assenza ormai definitiva di "interazioni" da parte di Indi e ai segnali di una sua "significativa sofferenza" causata dai trattamenti "invasivi".
Parole che i genitori della bambina hanno continuato a contestare sino in fondo, dicendosi "disgustati" e bollando il no al loro estremo ricorso come "un ultimo calcio sui denti". E che secondo Jacopo Coghe, di Pro Vita & Famiglia onlus, celerebbero in realtà "parametri sulla dignità della vita totalmente eutanasici".
Immediate le reazioni della politica italiana. Il premier Giorgia Meloni, che aveva concesso la cittadinanza alla neonata con la speranza di organizzare il trasferimento a Roma, ha scritto su X: «Abbiamo fatto tutto quello che potevamo, tutto il possibile. Purtroppo non è bastato. Buon viaggio piccola Indi».
«La piccola Indi Gregory non c’è più, una notizia che non avremmo mai voluto leggere - scrive invece Matteo Salvini -. Il governo italiano ha fatto il massimo, offrendosi di curarla nel nostro Paese, purtroppo senza successo. Una commossa preghiera per lei e un sincero abbraccio ai suoi genitori. Colpiscono e fanno riflettere le parole di papà Dean».
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