Monia Bortolotti fa scena muta davanti al giudice.
Si è avvalsa della facoltà di non rispondere alle domande del gip Federica Gaudino la donna di 27 anni di Pedrengo (Bergamo), interrogata questa mattina nella camera di sicurezza dell'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo dov'è stata trasferita ieri dal carcere per aver minacciato gesti autolesionistici.
All'interrogatorio hanno preso parte anche il pm Maria Esposito titolare del caso e il legale della donna, l'avvocato Luca Bosisio. La 27enne stata arrestata sabato scorso con l'accusa di aver ucciso soffocandoli, in momenti diversi, i due figli Alice e Mattia, di 4 e 2 mesi.
È stata trasferita dal carcere di via Gleno a Bergamo a una camera di sicurezza dell'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo Monia Bortolotti, la donna di 27 anni arrestata sabato mattina a Pedrengo con l'accusa di aver ucciso, soffocandoli, i due figli Alice e Mattia, di 4 e 2 mesi, rispettivamente il 15 novembre del 2021 e il 25 ottobre del 2022.
Nelle ore precedenti la donna aveva infatti minacciato, senza metterli in atto, comportamenti autolesionstici in carcere, pertanto è stata precauzionalmente trasferita in ospedale. Confermato per la prossima mattina l'interrogatorio di garanzia da parte del gip Federica Gaudino, che sentirà la ventisettenne dunque non più in carcere ma in ospedale. La donna sarà assistita dal legale di fiducia, l'avvocato Luca Bosisio.
Monia Bortolotti è assistita dal suo legale di fiducia, l'avvocato Luca Bosisio, che la segue da quando, già lo scorso marzo, era stata indagata inizialmente a piede libero. Ora l'arresto, scattato per il pericolo di reiterazione del reato e per la spiccata pericolosità sociale della donna, come riferito dagli inquirenti.
Sui social, ancora prima dell'arresto e pare anche agli stessi militari dell'Arma durante le indagini, la Bortolotti si è sempre difesa, parlando di eventi accidentali all'origine della morte dei suoi due figli e facendo riferimento al suo burrascoso legame con la madre adottiva.
La ventisettenne era nata in India, a Calcutta, ed era stata adottata quando aveva solo un anno da una coppia di bergamaschi di Gazzaniga. Secondo gli inquirenti il movente dei due infanticidi sarebbe da ricondurre "nell'incapacità della madre di reggere alla frustrazione del pianto prolungato dei bambini". Non una patologia psichica, secondo l'accusa, ma un sentirsi inadeguata nella gestione dei figli, aspetto noto a tutta la famiglia.
Noto in particolare da quando la donna era stata dimessa dopo un lungo ricovero con Mattia, il secondogenito che avrebbe poi ucciso il 25 ottobre del 2022. A soli 19 giorni di vita, il piccolo era finito all'ospedale per oltre un mese dopo una apnea ed era stato sottoposto a tutti gli accertamenti del caso, vista anche la morte, meno di un anno prima, della sorellina, risultando però del tutto sano: Si era trattato di un primo tentativo della madre di ucciderlo? Resta per ora un interrogativo non risolto. All'atto delle dimissioni, Monia era stata visitata da uno psichiatra, che aveva consigliato ai familiari di non lasciarla da sola con il bambino.
Ed è invece proprio in un momento in cui la donna rimane da sola con Mattia che il piccolo viene ucciso, secondo gli inquirenti, stretto in un "abbraccio letale" della stessa madre che, invece, su un gruppo Facebook che racconta le cosiddette 'morti in culla' aveva riferito che il piccolo se n'era andato "molto probabilmente schiacciato da me, mentre mi sono addormentata allattandolo". Resta da capire cosa domattina racconterà al giudice.
Il giorno in cui è morto Mattia, il 25 ottobre del 2022, Monia aveva raccontato al compagno di avere un appuntamento a casa con un'amica, riporta Il Corriere. Un fatto che aveva rassicurato i familiari, che temevano che la donna, già in difficoltà con lo stress post parto, potesse restare da sola con il figlio. Quell'amica, però, non si è mai presentata e nessuno ha trovato tracce di un appuntamento fissato o disdetto, di un contatto telefonico, di un messaggio in chat.
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