lunedì 16 agosto 2021

Educare i figli senza essere autoritari ma autorevoli

 




Alcuni genitori credono che utilizzare le mani  per educare il proprio figlio possa essere un valido strumento educativo.

La sberla, la sculacciata, quindi verrebbe data, a detta di molti genitori,  per insegnare qualcosa al bambino, o perché a volte un comportamento rischioso messo in atto dal bimbo ha creato una forte paura nel genitore stesso, il quale risponde con un’emozione di rabbia.


In realtà però ciò che bisogna comprendere è che un bambino che viene educato utilizzando le mani non è capace di apprendere altro se non la violenza e l’umiliazione. Ciò viene insegnato indirettamente a al bambino è che quando non riusciamo ad avere qualcosa con le buone maniere, siamo autorizzati ad ottenerle con modalità meno adeguate. 


E’ vero che un ceffone non ha mai rovinato nessuno (non parliamo infatti di maltrattamenti più seri e continuativi), eppure se chiediamo ad un bambino che cosa ha imparato da quel ceffone molti  risponderanno dicendo “nulla”.


E’ bene quindi che un genitore sappia che se il ceffone è dato con lo scopo di insegnare, l’obiettivo non sarà raggiunto.  Una sculacciata, cosi come un ceffone, può bloccare momentaneamente il comportamento negativo, tuttavia non porterà a una modifica a lungo termine del comportamento e ne l’ acquisizione di comportamenti più adeguati.


Avere un buon rapporto con il proprio figlio, essere aperti al dialogo,  all’ ascolto dei loro bisogni, valorizzando le  piccole conquiste quotidiane è il modo migliore per educarli.  Contrariamente, quando un genitore si impone in modo autoritario e aggressivo con il proprio figlio, non genera rispetto, ma terrore.

La famiglia invece, dovrebbe essere il luogo più sicuro per il bambino, in cui crescere circondato da persone disponibili ad accompagnarlo lungo il  suo percorso di crescita. 


Il bambino ha bisogno di un modello di adulto che gli rimandi l’idea di lui come persona degna di essere amata e valorizzata. Il fatto di essere  educato con la violenza fa crescere il bambino con l’idea di non essere degno di essere amato, arrivando a sviluppare nei casi più gravi (dovuti a maltrattamenti continuativi e prolungati) vissuti depressivi, di isolamento sociale, di ambivalenza e instabilità affettiva. 


Inoltre, nel momento in cui un bambino viene maltrattato deve affrontare un processo psicologico non semplice, quello cioè di tollerare il dolore fisico e psicologico  senza però allontanarsi psicologicamente dal genitore amato, che pur essendo la fonte primaria di contenimento e protezione, diviene in alcuni contesti, fonte di dolore e umiliazione (D’ambrosio,2000).


Un piccolo modo per far si che in seguito ad un gesto negativo del bambino non ne segua uno istintivo del genitore, è quello di spiegare  anticipatamente al bambino quelle che saranno le conseguenze nel caso in cui lui non accolga quanto detto dal genitore. 


Ciò farà si che  il genitore non dovrà decidere la punizione in un momento in cui è particolarmente adirato, in quanto il tutto è stato già stabilito precedentemente. In tal modo si dimostrerà al bambino una gestione della rabbia diversa, non distruttiva ma funzionale.  

E’ importante esplicitare al bambino che comprendiamo la sua difficoltà nell’ accettare la regola (cosi lo faremo sentire compreso e ascoltato), ma contemporaneamente è ancora più importante rimandargli l’idea che su alcune cose non è in grado di decidere autonomamente  e dunque non può essere fatto diversamente.  



Alcune volte i bambini vincono per sfinimento, è importante in quei casi che il genitore riesca a mantenere la sua assertività dimostrando la sua autorevolezza nel dare i giusti limiti.

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