Il figlio è gravemente malato e i suoi colleghi le donano le ferie per permetterle di stargli accanto.
Federica, una dipendente della Emec di Rieti, ha voluto ringraziare il grande cuore dei suoi colleghi e ha scelto di farlo con una lettera sulla testata locale Rietilife. La donna racconta il dramma della malattia del figlio ma anche il gesto di grande solidarietà delle persone che lavorano con lei.
Federica è riuscita ad avere 400 giorni di ferie, sommando quelle cedute dai suoi colleghi. Giorni preziosi per lei e per suo figlio che a 14 anni ha scoperto di avere una terribile malattia che lo ha costretto a muoversi con una sedia a rotelle e a comunicare solo con appositi strumenti. «Da due anni e mezzo circa la nostra vita è finita, mio marito ed io cerchiamo in ogni modo di reagire e di attaccarci ad ogni piccola speranza, e ciò con cui combattiamo di più è il tempo, perché non ne abbiamo molto e dobbiamo fare il possibile per vincere questa corsa contro di lui», scrive la donna.
Il suo ragazzo in pochi mesi ha iniziato a stare sempre peggio e la sua vita è completamente cambiata, così come quella della sua famiglia: «Vi lascio immaginare il suo trauma: non andare di persona a scuola ma farla dietro ad un computer, non poter più uscire con gli amici se non accompagnato da me o suo padre, continui cicli di radioterapia e chemioterapia. Una vita interrotta», continua la mamma che fa sapere di non perdere la speranza e di continuare a combattere con e per suo figlio. Ad aiutarla in questo terribile percorso però ci sono stati i colleghi che, comprendendo la sua situazione, le hanno donato le loro ferie, per permetterle di stare più tempo possibile con il figlio.
A loro Federica manda un ringraziamento speciale: «Mi avete regalato le vostre ferie, il vostro tempo libero, quello che accumulate con fatica e sacrificio durante l’anno, per godervi il meritato riposo. Con naturalezza, ci avete rinunciato e lo avete donato a me. Il vostro cuore grande mi ha lasciato senza parole, siete stati il “respiro” che mi serviva, il “tempo” di cui avevo bisogno».
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