sabato 4 novembre 2023

Mamma di 27 anni arrestata per doppio infanticidio: «Ha soffocato i figli neonati perché non sopportava il pianto»


 


Monia Bortolotti, mamma 27enne di due bambini, è stata arrestata a Padrengo (Bergamo) con l'accusa di doppio infanticidio: le sue vittime sarebbero proprio i suoi figli neonati, che avrebbe ucciso soffocandoli quando avevano una quattro mesi e l'altro appena due facendo credere che i decessi fossero stati casi di morte in culla.


A far partire le indagini, il sospetto nato dopo la morte del figlio di due mesi, avvenuta il 25 ottobre 2022: era passato appena un anno dalla scomparsa della sorellina di 4 mesi, avvenuto il 15 novembre 2021, un decesso catalogato come morte in culla provocata da un rigurgito. In entrambi i casi, al momento della tragedia la giovane mamma si trovava sola in casa con i neonati e aveva chiamato i soccorsi, arrivati quando ormai non c'era più nulla da fare. Dopo la morte della bambina, la donna di origine indiana ma adottata in tenera età da una famiglia bergamansca, era rimasta nuovamente incinta e dato alla luce un maschietto, il bambino morto lo scorso ottobre.


L'attività d'indagine era iniziata il 25 ottobre 2022, data del decesso del secondo figlio dell'indagata. Quel giorno era stato il 118, dopo una richiesta d'intervento, a constatare la morte del neonato. La tenera età del bambino e le analogie con la precedente prematura morte della prima figlia della donna, avvenuta meno di un anno prima, avevano scatenato nei Carabinieri forti sospetti. La Procura ha disposto l'autopsia del corpicino, il cui esito, arrivato nel febbraio 2023, portava alla luce la circostanza per cui la morte del piccolo era stata causata inequivocabilmente da una asfissia meccanica acuta da compressione del torace: secondo gli investigatori, era stato soffocato volontariamente. Alla luce degli accertamenti, si è resa indispensabile un'accurata rivalutazione delle cause della morte della prima figlia.


Anche in quell'occasione a casa era presente solo la madre, la quale aveva riferito di aver dato il latte alla bambina e di averla fatta digerire in braccio fino a farla addormentare, per poi constatare, dopo essersi fatta una doccia, che la piccola, distesa nella propria culla, era diventata cianotica e non respirava più. Il medico intervenuto, nel constatare il decesso della bambina, in assenza di evidenti segni esteriori visibili, aveva dichiarato di aver aspirato abbondante latte dal tubo endotracheale della bambina e aveva quindi spiegato che probabilmente la nascita prematura della stessa, nata di sette mesi, aveva comportato un deficit della deglutizione, così da ritenere che la morte fosse avvenuta per cause naturali, riconducibili alla Sudden Infant Death Syndrome (SIDS), comunemente nota come "morte in culla", che consiste nella morte improvvisa e inaspettata del lattante, senza che fossero necessari ulteriori approfondimenti, consentendo il successivo seppellimento della salma.



Così il Pubblico Ministero ha disposto, a distanza di quasi due anni dai funerali della piccola, nel cimitero di Pedrengo, la riesumazione del suo cadavere per effettuare l'esame autoptico. Purtroppo il pregresso danneggiamento della bara non aveva consentito una buona conservazione della salma della bambina, motivo per il quale l'esame in questione era risultato inevitabilmente falsato e non aveva restituito informazioni risolutive per le investigazioni in corso. L'indagine è proseguita in modo tradizionale, attraverso l'ascolto di medici, parenti, specialisti e amici della donna, nonché attraverso l'analisi della corposa documentazione medica acquisita, e ha consentito, anche in relazione alla morte della prima figlia, di far emergere gravi indizi di colpevolezza a carico della donna. In particolare, la mamma aveva reso una serie di dichiarazioni discordanti, che non avevano trovato corrispondenza con quanto accertato dai Carabinieri: la bambina, sebbene nata pretermine e leggermente sottopeso, all'atto delle dimissioni dal nido e nelle successive visite pediatriche era una bambina sostanzialmente sana, come il fratello.



Pertanto la morte era verosimilmente avvenuta non per cause naturali, ma per asfissia, così da non lasciare sul cadavere segni esteriori visibili all'esame esterno, ma al tempo stesso compatibile sia con una condotta omicida analoga a quella utilizzata dall'indagata nei confronti del secondo genito, sia con l'utilizzo di un cuscino, a cui la donna aveva fatto riferimento, indicandolo quale possibile causa del soffocamento accidentale della piccola, solo dopo aver appreso delle indagini a proprio carico.



Le indagini hanno individuato la causa scatenante di entrambi gli infanticidi nell'incapacità della madre di reggere alla frustrazione del pianto prolungato dei bambini, escludendone la possibile connotazione colposa. Nel corso dell'indagine non è emerso, dall'esame della documentazione sanitaria dell'indagata prima e dopo la morte dei figli, un disturbo di tipo psichico della donna, pertanto si ritiene che la stessa abbia agito nella piena capacità di intendere e di volere, apparendo lucida, ben orientata, con grande capacità di linguaggio, razionalizzazione e freddezza, caratteristiche palesate, tra l'altro, nell'organizzazione della propria difesa, dopo aver scoperto di essere sospettata dei due infanticidi. Il G.I.P. presso il Tribunale di Bergamo, concordando con l'ipotesi investigativa formulata dalla Procura, ha emesso nei confronti della donna, presunta responsabile del duplice omicidio, l'ordinanza di custodia cautelare in carcere che è stata eseguita questa mattina, evidenziandone la spiccata pericolosità sociale e un concreto ed attuale pericolo di reiterazione del reato.

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